Shilpa Anthony Raj, la figlia del domatore di elefanti

Shanti Bhavan si appresta a festeggiare i 20 anni dalla sua fondazione. Lungo le pareti della scuola sono in bella mostra le foto di alcune delle classi degli anni passati, che rievocano la storia del campus e fanno da monito ai nuovi arrivati. Ma, già al primo sguardo, è stata la copertina di un libro a destare la mia attenzione. Il libro si intitola “The Elephant Chaser’s Daughter” (letteralmente “La figlia del domatore di elefanti”) ed è stato scritto dalla 23enne Shilpa Anthony Raj. Nel volume Shilpa descrive il suo percorso di vita nel campus dai 4 ai 18 anni. L’hanno soprannominata “La Nonna”, perché parla con una saggezza che non è propria della sua giovane età. Stamattina l’ho intervistata e ho avuto anche io modo di constatare il perché. Ecco alcuni dei passaggi più significativi della nostra chiacchierata:

Shilpa, che cosa fa esattamente un domatore di elefanti?

Il villaggio in cui sono nata, nello Stato del Karnataka, è situato in un’area rurale e forestale, dove ci sono molte piantagioni di zucchero, che attirano gli elefanti selvaggi, soprattutto di notte. I domatori di elefanti devono evitare che le colture di zucchero vengano distrutte. Da qualche anno il lavoro di mio padre è stato anche regolamentato dal governo. Anche se analfabeta, lui è stato il primo della nostra famiglia a essere stato assunto dal governo e ne va molto orgoglioso.

Qual è stata la sua prima reazione quando ha saputo il titolo del tuo libro?

Era molto felice. Siccome non sa leggere, gli ho mostrato con il dito la mia firma: il suo nome (Anthony Raj) è contenuto nel mio, quindi è molto orgoglioso di veder scritto nero su bianco il mio nome e il suo.

Quando sarà pubblicato?

A fine giugno il libro sarà disponibile in America, nella versione Kindle. In India, invece, sarà distribuito a luglio.

A che punto sei con i tuoi studi?

Ho appena finito il master in Counseling Psychology. Il mio obiettivo a lungo termine è prendere il Dottorato di ricerca in psicologia negli Stati Uniti. Nel frattempo ho già iniziato a lavorare, qui a Shanti Bhavan, come insegnante di inglese con i bambini più piccoli. Prossimamente trascorrerò tre giorni a settimana a Bangalore, dove insegnerò, sempre inglese, presso una organizzazione che lavora con i bambini affetti da disabilità e autismo.

Qual è il tuo sogno?

Voglio lavorare con i bambini, non importa dove. Magari con i bambini vittima della crisi siriana, cui è stata negata la spensieratezza dell’adolescenza. Voglio aiutare i bambini a confrontarsi con i problemi che si trovano ad affrontare: prima li affronti più hai possibilità di superarli per poter vivere una vita ricca di significato.

Quale sensazioni provi ogni volta che torni a Shanti Bhavan?

Ogni volta mi sento a casa, visto che la prima volta che ci ho messo piede avevo solo 4 anni. Il campus è ciò che conosco meglio. Quando guardo i bambini capisco esattamente cosa stanno provando, ripenso alle mie esperienza di vita, al primo ballo di valzer o al giorno in cui mi sono diplomata. Uscire da qui non è stato facile. Questo è un ambiente che ti protegge dal mondo esterno. Appena esci ti senti spaesata, ma poi vedi premiati tutti i tuoi sforzi e questo ti ripaga di tutto.

Desideri vivere in India o preferiresti vivere in qualche altro Paese?

Se chiedi a un bambino di Shanti Bhavan dove vorrebbe vivere da grande ti risponderà in America, principalmente perché molti dei volontari che lavorano qui vengono proprio dagli Stati Uniti. L’America per noi è la terra promessa, dove tutti i sogni possono diventare realtà. Ma so benissimo che ogni Paese ha qualcosa di meraviglioso da offrire. Penso di poter essere felice in qualsiasi posto al mondo, potendo sempre essere io l’artefice delle mie fortune.

Come descriveresti il Dott. Abraham George, fondatore di Shanti Bhavan?

Quando ero una bambina lo consideravo Babbo Natale, perché ogni volta che tornava qui dagli Stati Uniti ci portava sempre un sacco di regali: bambole e giocattoli per tutti. Lo consideravamo un personaggio mitico, tratto da un libro o il protagonista di un film di successo. Tutti noi l’avevamo idealizzato. Adesso, crescendo, lo considero un essere umano, che fa cose che anche io posso fare. Come ama ripetere lo stesso Dott. George non ci sono grandi uomini, ma ci sono solo uomini buoni che fanno grandi cose. E lui è tra questi!

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