George Abraham: una vita spesa perla giustizia sociale e per l’uguaglianza

Gorgonzola Intervista con il filantropo fondatore in india di Shanti Bhavan

Dall’Italia e in particolare dalla Martesana molti dei volontari che aiutano la scuola.

Lo scorso weekend a Gorgonzola è stato ospitato il dr. Abraham George, fondatore della “The George Foundation”, che controlla e gestisce la struttura scolastica filantropica di “Shanti Bhavan” a Bangalore, in India. Negli scorsi anni abbiamo più volte trattato di questa realtà, raccontando come alcuni volontari gorgonzolesi e della zona bergamasca si fossero recati proprio in India per aiutare la fondazione e ancora per raccontare lo scambio scolastico vissuto da tre ragazze indiane di Shanti Bhavan a Milano. “La componente dei volontari, provenienti da 25 diversi Paesi, è fondamentale per noi visto che ci sobbarchiamo tutti i costi della vita quotidiana dei nostri ragazzi” spiega Abraham Con l’aiuto gratuito da parte di questi professionisti si rende possibile garantire prestazioni mediche, scolastiche, ecc… di alto livello a tutti i ragazzi ed è per me ciò che più conta!”. Parlando di numeri, George ci tiene a ricordare come il progetto sia iniziato con 48 ragazzi provenienti dai ceti sociali più bassi e accompagnati fino alla fine del percorso scolastico, ad oggi invece si è arrivati a 250 iscritti a scuola, 50 nel college e 60 che hanno concluso il percorso di studi.

Abraham George, al centro, con gli amici di Gorgonzola e della Martesana che sostengono la sua opera.

Com è nata l’idea di Shanti Bhavan?

“Le fondamenta sono da cercare nel mio passato: durante un periodo di servizio militare sulle pendici delle montagne himalayane mi sono trovato a riflettere a lungo riguardo la realtà del mio Paese. In quegli anni in India il 75 per cento della popolazione viveva sotto la soglia di povertà e esisteva una divisione sociale in classi molto forte, che praticamente impediva a chi apparteneva a una classe di passare a quella superiore. Su tutte, la realtà degli «intoccabili» era sconcertante: non potevano svolgere determinati lavori e non potevano studiare”.

Allora come ha deciso di reagire?

“Scandalizzato dal trattamento umano, dall’ingiustizia sociale e dalla povertà ho deciso di trasferirmi negli Usa, tentare di fare fortuna in campo finanziario e di information technology per poi tornare ad aiutare i miei connazionali. Fortunatamente sono riuscito nel mio intento e quindi al mio ritorno a Bangalore ho potuto mettere in piedi la “The George Foundation” e dar vita alla scuola di Shanti Bhavan. È stato un percorso lungo, una ventina d’anni circa mi sono serviti per mettere seriamente in piedi tutto”.

Quali sono state le difficoltà da affrontare in questi anni?

“All’inizio la diffidenza delle famiglie: temevano che fossi malintenzionato e volessi sfruttare i loro figli. Credo di averli convinti con una serie di interventi pubblici in cui spiegavo come non volevo nulla da loro, se non la fiducia, e anzi ero pronto io a donare il mio cuore per il bene dei loro figli”.

Rompere la struttura in classi della società non sarà rimasta senza reazioni…

“Le famiglie benestanti della zona rurale di Bangalore vedevano nella filosofia della mia fondazione una minaccia alla loro gestione medievale (ancora spesso con una realtà simile a quella dei “servi della gleba”) della società. Sono riuscito a malapena a placarli stringendo accordi commerciali con loro, in pratica compro tutto ciò che mi serve per la scuola tra i loro prodotti e così hanno smesso di tormentare il mio lavoro. Infine ho dovuto affrontare le convenzioni sociali dell’India, ponendo delle regole ferree su determinate realtà ai miei ragazzi: nonostante sia tradizione ad esempio per le donne sposarsi attorno ai 14-15 anni, ho messo l’età di 24 come limite minimo, altrimenti non avrebbe proprio senso intraprendere un percorso scolastico che dia frutti”.

Quali regole ha la sua scuola

“Ho deciso di ammettere un bambino o una bambina per ogni famiglia povera della zona, dando quindi la possibilità a loro di studiare e arricchirsi per risollevare socialmente anche il resto della famiglia. Vorrei che i «miei» ragazzi riuscissero come me a ritagliarsi il loro spazio nel mondo e sfruttare poi quanto fatto per aiutare chi ne ha bisogno. Proprio questo è il mio punto imprescindibile: ogni essere umano penso abbia l’obbligo morale di aiutare gli altri esseri umani, e a chi frequenta Shanti Bhavan chiedo di promettere un giorno che aiuterà almeno altri 100 più poveri e bisognosi”.

Quali sono infine gli obiettivi futuri della sua Fondazione?

“In pratica è uno solo, incredibilmente semplice da concepire quanto complesso da mettere in atto. Ho bisogno di dare stabilità economica e organizzativa alla Fondazione e cercherò in questi anni di riuscire a farlo, ponendo le basi per un futuro roseo e soprattutto a lunghissimo termine!”.

Fonte: Settimanale Radar / Simone Frassini